mercoledì 26 gennaio 2011

LA SINISTRA SI DIA UNA REGOLATA


Come eravamo:
Claudio Velardi e Fabrizio Rondolino
 con Massimo D'Alema
Era ora che a sinistra (anche all’estrema sinistra, penso a Sansonetti) si manifestasse una posizione chiaramente antigiustizialista. E’ in quell’area che naturalmente devono collocarsi i socialisti riformisti e liberali. Solo in Italia esiste un giustizialismo di sinistra e un garantismo di destra. E questo è dovuto non solo alla vicenda di Tangentopoli e di Mani pulite che diede un colpo decisivo alla fine della cosiddetta prima Repubblica, figlia della quale è stato poi il contrasto tra berlusconismo e antiberlusconismo. E’ dovuto, a mio giudizio, sopratttutto alla natura ideologica e politica della sinistra italiana, all’interno della quale la cultura comunista è sempre stata prevalente. Parlo del comunismo togliattiano, quello che ha attecchito in Italia e che, a partire dal 1948, è diventato egemone a sinistra. Un impasto di socialismo reale, di moderatismo conservatore, di esaltazione della ragion di partito più che di quella della verità, di concezione dell’avversario alla stregua del nemico. Quando mai del resto questa sinistra ha svolto un ruolo di primo piano sul tema della laicità e dei diritti civili? Come ha votato sull'articolo 7 della Costituzione? E cosa ha fatto per fare approvare le leggi sul divorzio e sull'aborto? Come si è comportata durante il caso Moro? E che atteggiamento ha avuto su riforme che proponevano la responsabilità civile dei magistrati e la separazione delle loro carriere che, in Europa, solo il Portogallo di Salazar non ha mai previsto? Non stupisca la subordinazione dell’attuale sinistra (alla quale si sono aggiunti oggi molti esponenti di tradizione cattolica e non certo libertaria) al potere giudiziario. Si tratta di una convinzione radicata in decenni di storia, non di un’improvvisazione. La magistratura ha invaso il campo della politica (il Consiglio superiore è un parlamento di magistrati con tanto di partiti e di interessi di casta garantiti da questa o quella confederazione di toghe) e Berlusconi ha risposto con un’altra invasione, quella delle sue tivù e giornali. L’anomalia italiana è duplice e dunque non solo determinata dal conflitto d’interesse dell’uomo di Arcore. Il vero bipolarismo italiano è diventato quello tra Berlusconi e la magistratura. Per questo la sinistra non può contrapporre alla repubblica di Berlusconi quella delle Boccassini ed escogitare una soluzione giudiziaria rispetto alla vittoria politica, e oggi purtroppo anche culturale, del padrone di Mediaset. Oltretutto, ormai, la via giudiziaria non produce ribaltamenti di forze, come i recenti sondaggi testimoniano. Altra questione è il giudizio morale, che però difficilmente sarebbe stato possibile senza un’indagine che ha svelato le vicende private del leader e che si è aperta non si sa per quale motivo, visto che è precedente il caso Ruby. A Berlusconi credo si debbano fare altri appunti: e innanzitutto quello di avere una concezione della politica antitetica a quella democratica (leggi elettorali senza preferenze, cooptazione del gruppo dirigente del suo partito ove sono vietate correnti, primarie ed elezioni segrete, elezione dei parlamentari secondo la logica dall’amicizia e della simpatia personale, antiliberalismo in materia di leggi su laicità e diritti delle persone, continua e reiterata confusione tra privato e politico, incapacità di comprendere che un presidente del Consiglio deve avere relazioni in linea coi principi della sicurezza e della dignità nazionale, che non può travestirsi da telespettatore che urla improperi imperversando nelle trasmissioni televisive; come sono lontani i tempi e i modi di Andreotti e anche di Craxi…).Per questo ho aderito all’appello di Rondolino-Velardi e Sansonetti, perchè la sinistra si dia una regolata, la smetta di cavalcare sempre la tigre delle indagini giudiziare e chieda le dimissioni di Berlusconi perchè non è in grado di governare il Paese e non perchè reo di non si sa quali misfatti. E’ pretendere troppo? Forse sì. Ma si è acceso un fuoco, non spegnamolo.

MAURO DEL BUE

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