Disoccupazione giovanile al 28,9%. Un giovane su tre non ha lavoro. In un qualunque Paese civilizzato questo dato verrebbe visto in maniera bipartisan come un dato allarmante e pericoloso. In Italia no. Subito dopo l’epifania vengono resi noti i valori ISTAT riguardanti la disoccupazione giovanile in Italia. Le reazioni ed i toni con cui si affronta questo tema sono piuttosto variegate. Salta immediatamente all’occhio la dichiarazione del Ministro del Welfare Sacconi, che da bravo ex socialista rinnega completamente le sue origini ed afferma che i giovani devono imparare ad accettare qualunque tipo di lavoro gli venga proposto, indipendentemente dal titolo di studio e dalle esperienze svolte. Ancor più pesante è la proposta avanzata da Mario Giordano in un articolo pubblicato oggi da “Il Giornale”: “iniziamo a prendere i giovani a calci in culo, è l’unico modo per dare una scrollata ad una generazione di smidollati”. In primo luogo mi complimento con Giordano il quale in poche righe è riuscito a riassumere una quantità di offese gratuite verso i giovani difficile da dimenticare. Ora la questione è questa: posto che molti giovani effettivamente finchè non si trovano a sbattere la testa contro il mondo del lavoro non si rendono conto effettivamente di quanto sia difficile la vita, mi chiedo con quale coraggio ci siano persone che ancora si permettano di fingere che la situazione occupazionale dei giovani italiani sia solo da imputare ad una svogliatezza nel cercare lavoro e ad una incapacità di accontentarsi delle possibilità (poche per la verità) che vengono proposte. Questi uomini così autorevoli, che si sentono autorizzati a parlare di alibi dei giovani anziché di reale deficit occupazionale, lo fanno forse perché consapevoli che la generazione che ci ha preceduto è per la maggior parte causa primaria di tale sconfitta del sistema? Di chi è la responsabilità se la maggior parte dei ragazzi ritiene che per trovare lavoro sia più incisiva la conoscenza personale piuttosto che il curriculum? Chi ha portato l’Italia ad essere il Paese in cui è meglio non andare in pensione perché molto più conveniente dal punto di vista economico? Chi ha applicato la Legge Biagi solo in parte, evitando di incentivare la flessibilità eliminando la precarietà? Chi ha permesso a moltissime aziende di assumere personale a partita iva, impiegandolo poi come un vero e proprio dipendente, evitando così di assumersi oneri supplementari come i versamenti previdenziali, la sicurezza del lavoratore stesso e, in caso di donne, la maternità? Chi può permettersi di dire ad un giovane e alla sua famiglia che dopo tanti sacrifici non deve avere almeno l’aspirazione di occuparsi nel settore per cui ha studiato? C’è bisogno di ricordare a questi signori che sono stati loro gli autori di un sistema previdenziale che ha permesso a più generazioni di avere pensioni ricche ed in giovani età, mentre io ed i miei coetanei se saremo fortunati potremo aspirare al massimo ad un 45-50% dell’ultima retribuzione? E’ vero i nostri genitori hanno fatto molto per costruire l’Italia del G8, ma dopo averla costruita per il loro benessere non hanno pensato a lasciarcela in maniera dignitosa. Finchè ci saranno i genitori va bene, ma poi come si reggerà l’economia se un giovane disoccupato o precario non può prendere finanziamenti o mutui per comprare un’auto, una casa, costruirsi una famiglia? Forse a tutto ciò i vari Sacconi o Giordano non hanno pensato. Come tutte le cose bisogna viverle sulla propria pelle per comprenderle appieno. Solo una considerazione: con tutto il rispetto ma tra la mia e la vostra davvero mi chiedo quale sia la generazione di fenomeni.
CLAUDIA BASTIANELLI
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