Ha cominciato Madama Santanchè. Poi, a seguire, altri esponenti del PDL, in numerosi talkshow, hanno ripetuto come un disco rotto l'evocazione del film, premio Oscar 2007, "Le vite degli altri" del regista tedesco von Donnersmarck, paragonando i metodi di indagine degli inquirenti di Milano alla famigerata Stasi della DDR, fino ad arrivare al punto di indurre la direzione di Rai Due a cambiare repentinamente, lo scorso mercoledì, il palinsesto e proporre, in prime time, il film medesimo.
Oggi, nell'intervista rilasciata al Foglio, il premier evoca nuovamente la DDR e la Stasi per descrivere ciò che, secondo lui, sta avvenendo relativamente al Rubygate.
Si tratta di un'operazione mediatica tanto rozza quanto purtroppo destinata a durare poichè, se non fosse ancora chiaro, siamo già piombati in un clima da campagna elettoral-referendaria che il premier condurrà rispolverando, con tutta l'enfasi aggressiva di cui è capace, i soliti feticci che, peraltro, sa manipolare come nessun'altro, al solo scopo di distogliere l'opinione pubblica da una valutazione del disastro politico istituzionale che ha provocato con i suoi comportamenti.
Il film in questione è uno straordinario quanto agghiacciante affresco della DDR di Honecker nella quale la Stasi, mediante un esercito di infiltrati, era guardiano, arbitro e giudice dei sudditi della nomenklatura comunista di Pankow.
La sorveglianza, le perquisizioni, gli interrogatori, la prigionia, la limitazione di ogni forma di espressione pubblica e privata da parte del potere politico sono i temi che costituiscono l'ossatura dell'opera.
Un film intenso e importante perchè, pur narrando una vicenda privata, assurge a documento storico: come tale è stato concepito e come tale andrebbe metabolizzato.
Utilizzarlo strumentalmente e impropriamente a fini propagandistici in un contesto storico e politico del tutto diverso e neppure lontanamente paragonabile a quello della Germania Est, come è avvenuto in questi giorni, fa semplicemente inorridire.
E non siamo che all'inizio.
EP
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