Quanti luoghi comuni, quante contraddizioni e anche illogicità si sentono a commento dell’intervento armato, a difesa dei civili e degli insorti e su mandato dell’Onu, in Libia. Già ho trattato l’argomento del cosiddetto pacifismo di destra, tutto imperniato sui danni che all’Italia questo intervento potrebbe recare (i profughi, i clandestini, il prezzo del petrolio) e assolutamente insensibile rispetto al tema dei diritti del popolo libico, il primo dei quali è di non essere massacrato. E’ invece riemersa ancora la cosiddetta storia dell’anchismo. Insomma si dice, se è vero che Gheddafi è un tiranno se è vero che è in corso una repressione crudele, perchè allora non attacchiamo anche lo Yemen, e se si tratta di attaccare tute le dittature perchè non lo facciamo anche con l’Arabia Saudita, o addirittura, come qualcuno ha assurdamente asserito, anche la Cina? Tutto questo modo di ragionare serve, in sostanza, per giustificare il fatto che non si deve far nulla per nessuno. Siccome tutte le possibilità citate sono assolutamente impraticabili e in molti casi neppure giustificate (se mai si muovesse guerra in tutte queste direzioni gli stessi che oggi ci invitano provocatoriamente a farlo si opporrebbero ancora come maggiore forza), allora non si dovrebbe intervenire neppure in Libia. Bel modo di ragionare davvero. Ma anche in questo modo di ragionare c’è un sottointeso. E cioè: noi (l’Onu attraverso Francia, Stati Uniti e parzialmente l’Italia) interveniamo, in realtà, per interesse economico, per il petrolio e non per i diritti. Ecco allora perchè lo facciamo, solo in Libia e non altrove. Peccato che il petrolio ci sia anche altrove, dove non interveniamo, appunto lo Yemen e l’Arabia saudita. E peccato che in Egitto e in Tunisia, dove i quasi dittatori Ben Alì e Mubarak si sono comportati in modo diverso da Gheddafi, non siamo invece intervenuti perchè non ce n’era bisogno. L’accusa poi diventa anche contraddittoria. Perché nello stesso tempo in cui si accusa l’Occidente di attaccare Gheddafi per interesse, lo si accusa di averlo per troppo tempo difeso e vezzeggiato sempre per interesse. Due opposte annotazioni impossibili da stigmatizzare per il vecchio principio aristotelico della non contraddizione. Anche l’assurda contrapposizione tra difesa degli interessi e difesa dei valori è inconsistente. Anche il Piemonte fece l’unità d’Italia per interesse, ma l’unità fu in sé una buona cosa. Difendere i nostri interessi nazionali non è un reato, soprattutto se si sposa a buone cause civili. Mi pare che questo sia il caso. Adesso anche l’Italia deve fare autocritica, per la debolezza della propria posizione, per l’oscillazione dei propri comportamenti, per lo scarso peso che il governo ha esercitato nelle decisioni dell’Onu. Una volta il ministro degli esteri era Nenni, poi Moro, poi Andreotti, adesso c’è Frattini….
MAURO DEL BUE
Intanto, se c'è una cosa per cui Berlusconi si dovrebbe dimettere (altro che Ruby), è per aver mandato i caccia sulla Libia dopo aver sottoscritto il trattato di amicizia tra Italia e Libia. Se il diritto internazionale ha un qualche significato, comportarsi in questo modo vuol dire rifiutare questo significato (e fare, a livello di Nazione, la figura dei voltagabbana, modello 8 settembre).
RispondiEliminaDetto questo, non mi sembra che si debba sorvolare sulle differenze di comportamento dei Paesi sedicenti volenterosi. Se la Francia si defila dall'intervento in Irak (dove un dittatore bombarda le città sciite e dà il gas ai civili curdi) ritengo quantomeno legittimo sospettare che dietro il furore francese in Libia non ci sia dietro anche dell'altro.
Poi ci sono gli interessi, che non sono soltanto il petrolio, ma anche i sistemi portuali, la posizione geografica, le partecipazioni finanziarie, il lobbismo a livello internazionale, ecc., ecc. Infine ci sono domande semplici semplici, del tipo: "e quando i bombardamenti aerei cesseranno, chi scenderà in Libia a garantire che i più forti non massacrino i più deboli?". Tanto per fare un esempio, in Irak servono 150.000 militari, ormai da quasi dieci anni, per garantire una fragilissima coesistenza. E in Libia?
Condivido l'esigenza di forme di intervento, anche militari, anche a due passi da casa nostra. Ma questa guerra nata da ambizioni sgangherate di stati e presidenti che si ricordano di essere europei solo quando c'è da imporre i tagli al welfare e difendere i banchieri (e poi tornano Francesi, Inglesi, Tedeschi e Italiani), mi sembra una grandissima stronzata.
Da Europeo, poi, constato che questo intervento contribuisce a portare ancora più indietro le lancette dell'integrazione. Un intervento deciso da chi? Consultando chi? Per fare cosa? Voglio dire, almeno una discussione nell'Europarlamento non si poteva farla? E i socialisti non potevano chiederla? Ma dai...