martedì 28 giugno 2011

LA CONSAPEVOLEZZA DI UN'ALBA

Pubblico questa lettera perché, come concreta storia di vita, credo che valga di più di tanti progetti di legge che giacciono dimenticati in Parlamento o dei molti articoli di giornali che servono solo ad imbellettare le campagne elettorali senza che poi, in concreto, si sia fatto mai qualche passo avanti.

RITA MORICONI
Consigliera regionale del Psi. Emilia Romagna


“Cara Rita,

ho deciso di scriverti questa lettera perché tu possa essere consapevole, insieme a me, e far sapere, che esiste un’Italia che aspetta un diritto tremendamente banale: quello di poter stare insieme e basta. So che questi problemi li può risolvere chi sta a Roma, ma non ne posso più di sentir parlare soltanto dei processi di Berlusconi o del calcio: ho bisogno di parlare di un problema reale!
In più di dieci anni di convivenza con il mio compagno molti sono stati i momenti in cui qualcuno ci ha chiesto se eravamo una coppia e ci ha fatto fare strani giri burocratici perché non eravamo regolarmente sposati. Tutto si era sempre risolto per il meglio, solo l’occhio stanco di qualche impiegato che ci guardava storto perché gli complicavamo il lavoro, niente di più. Ci sentivamo confortati dal vedere intorno a noi tanti altri nella nostra condizione, quasi che il numero facesse la forza, senza essere davvero consapevoli che può bastare un ostacolo inaspettato a fermare un percorso di vita; e proprio nei momenti più delicati, quelli in cui si deve scegliere per l’altro, allora scopri, crudelmente, di essere solo e che il diritto si ferma dove non arriva la carta bollata. Noi siamo cresciuti nei combattivi anni ’70 e di diritti civili se ne parlava nelle piazze, nei bar e in casa e sembrava che il cammino verso la conquista di nuove forme di convivenza avesse la strada spianata: bisognava soltanto aspettare… Allora ci siamo messi insieme pensando che, prima o poi, avremmo potuto regolarizzare la nostra unione. Poi gli anni sono passati, con momenti felici e bui, in cui abbiamo condiviso ogni cosa: il letto, il bagno e la cucina, che sono sempre il vero banco di prova per ogni coppia.
Una notte il mio compagno si è sentito male e siamo andati al pronto soccorso. Nulla di grave, un banale attacco di appendice, che però presupponeva un’operazione da fare urgentemente. Allora è arrivata la domanda: lei è parente? Beh molto di più in realtà, viviamo insieme da 10 anni…. Ma non c’è un parente prossimo con cui io possa parlare? Guardi, il mio compagno ha tanti cugini che vede con gioia tutti gli anni a Natale, ma che non sanno nulla di lui, dei suoi disturbi, delle sue analisi del sangue….Ci sono sempre io al suo fianco in queste cose…siamo una coppia, tutti i giorni, non solo per le serate con gli amici! Quel primario mi ha guardato con gli occhi di chi ha già visto molte situazioni simili nella sua carriera e, senza battere ciglio, mi ha parlato dell’operazione, mi ha permesso di aspettare fuori dalla camera operatoria e di assistere il mio compagno nei giorni successivi. Per questo l’ho ringraziato di cuore e continuo a ringraziarlo, rallegrandomi di aver avuto fortuna in quell’alba in cui ho capito di non essere nulla di fronte alla legge per chi ha vissuto con me per oltre 10 anni. Ma ti sembra possibile Rita che, nel 2011, in un Paese che riteniamo civile, non ci possa essere un altro modo per affrontare questi problemi se non affidandosi soltanto al buon cuore altrui? D.”


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