La
personalizzazione della politica è così, le idee sono incarnate da
un volto, il medium fa il messaggio,
e poche battaglie politiche sono così personalizzate come quella
delle presidenziali francesi, dove non solo la storia personale del
candidato, ma il suo corpo, i suoi modi, come sorride o come veste
sono simbolo e veicolo (medium) del contenuto politico (messaggio).
Hollande sarà dunque il candidato socialista, e solo qualche anno fa
questa notizia avrebbe sorpreso molti: eterno segretario del Psf, ma
mai veramente leader, capo, papà dei socialisti, il buon Francois
con il riportino sulla pelata, piccoletto, quell’aria un po’
così, da bravo travet senza carisma. Al contrario della sua (ex)
compagna, quella Segolène Royal, bella, elegante, carismatica e
telegenica: quella col fastidio malcelato per la mediocrità delle
mediazioni, e tutto meno che al servizio del partito, anzi, divismo
smaccato perchè je suis Segolène
(e voi no). La Royal, nel suo momento di quasi gloria quando sfidò
Sarkozy nel 2007, è stata il simbolo della nuova sinistra (?)
postideologica, mediatica, leggera leggera, così disinvolta nella
piacioneria, rapida nella comunicazione, ruffiana nel dire a tutti
quel che tutti vogliono sentire, e così moderata e benpensante nei
contenuti da assomigliare tanto al vecchio centro, appena con un po’
di odore di sagrestia in meno. Tanto che alla fine Segolène rimane
nella memoria quasi soltanto per la sua idea di meticciare il
socialismo francese con i centristi del Modem in un vaghissimo
democraticismo, e per quello qualcuno di noi, cattivelli, iniziò a
chiamarla “il Veltroni in gonnella”, o magari, la zia francese di
Matteo Renzi.
Si
dice che le donne che lasciano il marito dopo i quaranta rifioriscano
splendidamente: veramente, dopo che si sono lasciati, è rifiorito
Francois, che è non è diventato alto nè si è trapiantato i
capelli (è dimagrito però, eh), ma ha lanciato la sua sfida: quella
di un signore serio, senza dubbio socialista, che gira in scooter,
senza orpelli del potere, senza stuoli di portaborse, senza aerei
privati, senza frequentare miliardari e divi. Insomma, un
anti-Sarkozy, ma, tacitamente, anche uno che chiaramente se ne frega
di competere in chic con la ex. Che alla fine non ha potuto che
passargli i suoi voti, mica poteva lasciarli a quella Martine Aubry
che già l’aveva messa in riga nella lotta per la segreteria, la
seria figlia di Delors, battagliera, coraggiosa, ottima segretaria di
un Parti Socialiste
rinfrancato dalla sua guida ma forse di volto e stile non
presidenziabili.
Certo
poteva essere suicida, quello scooter, perchè i francesi adorano
l’ostentazione del potere anche più di noi italiani, questa roba
del maschio alfa, capite? Ma Francois, che non ha mai rinnegato il
socialismo, la sua storia, la sua anima, che non si è mai neppure
sognato di scioglierlo in pallidi liberalismi e democraticismi, ha
scalato le spalle di un gigante, l’altro Francois, la “forza
tranquilla”, ve la ricordate? E i giganti servono, ai piccoletti
agili e ingegnosi, per stupire e stupirsi, e guadagnare quota. Ecco,
Hollande sul suo scooter si è messo, piccolo e tranquillo, a
guardare il mondo sulle spalle di Mitterrand. Non poteva non vincere
nel popolo socialista, alla fine. Potrebbe convincere anche i
francesi. Vive Francois
(tutti e due).
LUCA CEFISI
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