sabato 24 settembre 2011

UN VIAGGIO INUTILE

Il manifesto apparso in Germania, e subito
sequestrato,
contro il discorso del Papa al Bundestag
In Turingia e Sassonia Anhalt, i Lander tedeschi visitati da Benedetto XVI, vi sono i luoghi dai quali Martin Luther portò il suo attacco al cuore di Santa Romana Chiesa.

Entrambi i Lander, ex DDR, sono a forte maggioranza protestante e la presenza cattolica è residuale (7%).
Dopo il crollo del Muro, nei due parlamenti locali la Cdu è diventato il primo partito ma la Linke, che raccoglie gli eredi nostalgici della Sed e la frazione exsocialdemocratica di Oskar Lafontaine, è stabilmente il secondo, davanti a una Spd che continua a scontare notevoli difficoltà di crescita elettorale ed è appiattita in un'alleanza senz'anima nei governi locali guidati dai cristiano-democratici.
In altre parole Die Pabst si è calato non solo nella culla della riforma luterana ma soprattutto nella Germania profonda, la meno ricca, da dove negli anni 70 la famigerata Stasi pianificò il controllo e il pedinamenti dell'allora Card. Ratzinger, in quella porzione della cosiddetta locomotiva europea meno favorita dall'unificazione del 1990, dove le associazioni degli studenti universitari intonano unicamente i versi dell'inno nazionale, "Deutschland uber alles", utilizzati nel Terzo Reich e dove, inevitabilmente, hanno ripreso fiato (e voti, non pochi) i neonazisti dell'Npd che, dal 2009, siedono in quasi tutti i municipi dei due lander, compreso quello di Erfurt, li dove si è consumato l'episodio terroristico, avvenuto a pochi metri dal luogo dove stava per giungere il Pontefice.
Insomma, territori dove incrociano, in un crogiolo inestricabile, tradizione e ribellismo, cultura e nazionalismo pangermanista revanscista e dove l'identità luterana si è andata via via scolorendo e secolarizzando, caratterizzandosi quasi esclusivamente nel lessico e nelle prassi prenazionaliste pangermaniche, che furono parte non secondaria della dottrina e della predicazione dell'ex monaco agostiniano scismatico e sulle quali hanno poggiato, con la colpevole compiacenza/complicità della Chiesa luterana, parte del loro impianto paraideologico tanto il nazismo quanto, fino alla rovinosa caduta della DDR, il comunismo in salsa prussiana di Ulbricht e Honecker.
Dunque, in un simile scenario il bavarese Benedetto XVI non poteva, in chiave ecumenica, dire molto di più di ciò che ha detto nei luoghi della riforma: cioè poco o nulla.
Restano intatte le sedimentate distanze dottrinali e morali tra due mondi che, la sparatoria di sabato ha reso simbolicamente e clamorosamente evidenti.
Perché, l'attentatore sarà pure uno squilibrato ma è pure il frutto amaro germogliato nel cuore di una nazione e di un continente che sono attraversati da molto di più che inquietanti rigurgiti del passato.
Occorre che le forze laiche dell'Europa vi pongano rimedio subito, lasciando che i teologi e il clero manipolino la dottrina, soprattutto togliendo loro un proscenio mediatico di nessuna utilità pratica e politica.
EP

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