lunedì 28 febbraio 2011

B&B

Berlusconi, quello che l’altro giorno voleva fare causa allo Stato, ha dimenticato di essere da quasi un ventennio, anche se per fortuna non ininterrottamente, presidente del consiglio”.

L’iniziativa lanciata stamattina col ministro Brambilla, dei ‘punti al servizio degli italiani’ - a proposito se ce lo chiedeva lo associavamo ai nostri tanti ‘Sos diritti’ già operanti in tutta Italia – è una conferma dell’inefficienza del governo. Immaginiamo anche lo slogan: quello che non fa il governo, lo fa Berlusconi! Ma se lui è in gara contro se stesso, anche la Brambilla non scherza. Visto che nessuno si accorge di quello che fa per promuovere il turismo, l’ex esordiente star di Mediaset si deve essere convinta che è più utile occuparsi della campagna elettorale del suo impresario.

MARCO DI LELLO







IDEALI E OPPORTUNITA'

Diciamo la verità, e lo dico io che non sono mai stato un antiberlusconiano preconcetto. Il nostro premier si è un pò bevuto il cervello. Prima attacca la scuola pubblica, cioè la scuola dello Stato italiano del quale lui è il principale esponente, poi smentisce, ma la smentita della smentita arriva puntuale e registrata. Infine rilancia il tema del “relativismo etico, caro alla sinistra”, e afferma che mai e poi mai vi saranno unioni gay legalizzate e conseguenti affidamenti, e soprattutto ribadisce la sua concezione della “sacralità della vita” a proposito del testamento biologico e del caso Englaro. Sacralità della vita che (ma sappiamo che Berlusconi non ha studiato nè teologia nè filosofia) è tipica di uno Stato etico che impone per legge una concezione della vita sulle altre. Io, ad esempio, non credo affato alla sacralità della vita che ritengo appartenga solo a me e sia stata generata solo dai mei genitori e della cui proprietà essi si sono poi liberati affidandola al diretto interessato che solo la può gestire. Lasciamo perdere ogni considerazione tra il relativismo etico della sua vita privata e l’assolutismo etico che il premier vorrebbe imporre con la legge, ma mi chiedo: com’è possibile che ex socialisti ed ex liberali possano accettare questa visione del mondo? Psi, Psdi, Pri e Pli, cioè i quattro partiti laici che pur collaboravano, anche se a volte non nello stesso tempo, con la Dc negli anni della cosiddetta prima Repubblica, manifestarono sempre la volontà di distinguere l’accordo sulle cose dall’accordo sui principi. E vennero le leggi sul divorzio, sull’aborto, e due conseguenti battaglie referendarie, che trovarono laici e integralisti su fronti opposti. E Psi, Psi Pri e Pli si mostrarono spesso assai più fermi nel difendere i principi di quanto non fosse lo stesso Pci, che del resto già si era caratterizzato per il voto favorevole all’articolo 7 della Costituzione. Adesso invece i laici del Pdl stanno zitti perchè hanno anche contratto un accordo sui principi col partito e col suo leader, svendendo solennemente i loro. E addirittura il nostro buon Sacconi, probabilmente anche in buona fede, si è convertito alle teorie più oscurantiste e anti-illuministe. Mi pare che, in fondo, questo sia l’aspetto più sconcertante della fase che stiamo vivendo. Per paura di perdere, la cosiddetta seconda Repubblica, impone il silenzio e la svendita dei valori di fondo di ciascuno o addirittura la conversione ad altri valori, in nome della solidarietà politica al partito e al leader. Cosa sconosciuta nella vituperata prima Repubblica, dove il comun denominatore era la tradizione ideale e non l’opportunità politica. E dove dovevano emergere le singole identità, non le collocazioni e le coalizioni. L’assolutismo etico del Pdl è davvero sconcertante

MAURO DEL BUE

FASSINO

Con la vittoria alle primarie a Torino di un solido riformista come Piero Fassino, il centrosinistra si è messo nelle condizioni migliori per partecipare alle prossime elezioni comunali e mantenere la guida della città.

La larga partecipazione di cittadini alla consultazioneconferma anche il prestigio di cui gode l’ex segretario dei Ds.
Quanto alle primarie, possiamo dire che questa volta è andata bene ma che, come afferma lo stesso Fassino, lo strumento va corretto se vogliamo che serva a ricostruire un rapporto tra politica e cittadini e non piuttosto ad alimentare miti mediatici e devastanti guerre intestine.
RICCARDO NENCINI

GIU' LE MANI DALLA SCUOLA PUBBLICA

UN CARATTERE PRE-CULTURALE

Ancora una volta le parole del premier e di componenti del governo, che come proprio dovere istituzionale dovrebbero tutelare e garantire il buon funzionamento della scuola pubblica, risultano invece drammaticamente e paradossalmente ostili. Le critiche generiche e infondate nei confronti degli insegnanti che inculcherebbero negli studenti idee diverse da quelle desiderate dalle famiglie confermano la pervicace azione demolitrice dell'attuale governo nei confronti di qualsiasi elemento che riguardi il "pubblico", giudicato pericoloso ed inefficiente, rispetto al "privato", libero ed affidabile. Si tratta oltre che di una interpretazione inaccettabile nei confronti dell'organizzazione scolastica italiana già così in sofferenza, anche di una lettura che denota un arcaico carattere pre-culturale ed una finalità eversiva e destabilizzante verso istituzioni che fanno dello Stato italiano un Stato democratico.


MARIA SQUARCIONE

sabato 26 febbraio 2011

SE BERTINOTTI E VENDOLA....

Non è senza soddisfazione che si deve commentare, da parte di un socialista italiano ed europeo, l’affermazione di Bertinotti a Livorno. Secondo l’ex presidente della Camera sono fallite sia l’alternativa di sinistra stile 2008, sia il progetto del Partito democratico. E dunque non resterebbe che accostarsi al socialismo europeo. Noi siamo sempre stati parte della famiglia socialista europea ma, è inutile negarlo, siamo anche stati da sempre socialisti italiani, cioè quella specie particolare di socialisti europei che ha saputo coniugare, con Craxi e poi, su scala europea, con Blair, il riformismo con il liberalismo. Dunque ancora piuttosto lontani da quell’idea di socialismo di Bertinotti, che dal Psi non a caso proviene, ma che poi lo lasciò in nome di un massimalismo sconfitto dalla storia. Conosco personalmente Bertinotti ed ho anche collaborato per due anni con lui nell’ufficio di presidenza della Camera e conosco anche la propensione dell’ex presidente al dialogo, la sua forte curiosità intellettuale, il suo atteggiamento sempre disponibile e mai settario. Scherzando gli dissi una volta “Ma tu in realtà sei un liberale di sinistra”. Il che contrastava certo con la sua identità politica. Un comportamento e un’identità che mi apparivano inconciliabili. Non mi stupirei dunque che Bertinotti arrivasse anche a sposare il socialismo liberale, dopo aver sposato prima il socialismo massimalista, poi il comunismo più o meno libertario, l’Unione de la gauche e adesso il socialismo europeo. E lo dico senza dietrologie. E non mi stupirei neppure che questa ammissione di Bertinotti, come è stato già scritto, preludesse ad analoga e anche più diretta e significativa adesione al socialismo europeo da parte di Vendola e del suo partito. Non so cosa farebbero a quel punto coloro che finora l’hanno osteggiata, nonostante noi del Psi avessimo sempre condizionato, ma invano, quella scelta alla nostra adesione al progetto politico di Sel. Certo rimarrebbero profonde divisioni in politica interna. Penso alla politica economica e industriale, al tema di Mirafiori. Penso a molti giudizi sulla magistratura italiana, penso ad alcuni affondi in tema di politica estera (ad esempio l’Afghanistan). Non si cancellerebbero le diverse impostazioni semplicemente con l’adesione a una cornice europea. Ma sarebbe anche assurdo considerare queste adesioni ininfluenti sulle nostre scelte. In fondo la nostra pervicace resistenza, la nostra insistenza, nonostante le condizioni così sfavorevoli, sul panorama politico italiano, dipendono soprattutto dall’adesione a una identità che nessuno in Italia finora rappresenta. Se anche altri la vogliono sposare non possiamo certo continuare a fare la vita da singoli, come se nulla fosse.
MAURO DEL BUE


FACCIOGENTEVEDOCOSE

http://facciogentevedocose.blogspot.com/

giovedì 24 febbraio 2011

L’UMBRIA E I SUOI PRIMATI

Fino a qualche anno fa, la mia regione era piuttosto anonima per quel che

concerne i cattivi esempi e comportamenti della società. Sono cresciuta con la fotografia di tanti uomini e donne dalla cultura profondamente di sinistra che la domenica, però, non rinunciavano ad andare a Messa e per i quali i valori del cattolicesimo erano base fondante della loro educazione. Nei miei ricordi ho solo immagini di famiglie unite, dove termini come divorzio o violenza venivano visti lontani, riferibili alle grandi città, non ammessi in una
società provinciale forse, ma serena. Negli ultimi due giorni però i titoli dei
giornali regionali stanno dimostrando come invece tutto sia cambiato, tutto si
sia evoluto diversamente, tutto sia andato perduto. Ieri: l’Umbria prima
regione in Italia per richieste di annullamento da parte del tribunale
ecclesiastico di matrimoni. Oggi: l’Umbria prima regione in Italia per quel che concerne la violenza sulle donne. Cosa accade? Forse i coniugi umbri si sono scoperti all’improvviso meno bigotti nei confronti del divorzio ed hanno capito che un matrimonio può anche finire, però non sono ancora in grado rinunciare alla benedizione della Chiesa? Forse le violenze sono sempre esistite, ma oggi
le donne hanno il coraggio di denunciare perché più autonome economicamente, meno legate al “chissà che dice la gente” e maggiormente assistite da associazioni ed Istituzioni? Certo è che mai avrei immaginato che l’Umbria, poco meno di un milione di abitanti, tanti piccoli comuni, tanta brava gente, sarebbe riuscita nel primato per nulla invidiabile di essere sopra a regioni popolate da milioni di persone nella violenza. Le donne sono probabilmente sempre l’anello debole in rapporto, ma il fatto che non ci sia rispetto per il loro corpo e per la loro integrità fisica, psicologica ed anche economica (nel caso dell’annullamento del matrimonio) mi rimane ancora impossibile da accettare. Non voglio addentrarmi in considerazioni politiche o giudizi morali,
sarebbe molto facile analizzare il comportamento della Chiesa in merito e premiare le Istituzioni dall’altro per aver favorito lo sviluppo di enti a favore delle donne e delle pari opportunità; voglio, invece, solo dire che lo
sviluppo ci ha portato dei vantaggi, ma anche delle profonde delusioni. Ho scritto queste poche righe per dire che io ricordo quella fotografia con affetto, piena di colori dove il rosso delle bandiere era al fianco del bianco delle candele, dove le donne erano purtroppo solo madri di famiglia e donne di casa, ma dove il rispetto per ogni essere umano era al primo posto nella scala dei valori.

CLAUDIA BASTIANELLI

mercoledì 23 febbraio 2011

LA SINISTRA ETA' DELL'ORO

Inizio da Fausto Bertinotti, che da tempo non percepivamo così attento ai destini della sinistra italiana. La sua convinzione nella necessità di un big bang, una deflagrazione come unica via per far nascere nuove idee e nuove coalizioni ci trova in parte concordi ed è la riprova che le alchimie antiberlusconiane tout court provocano più disastri che benefici.

Non possiamo dire che Silvio Berlusconi si sia rafforzato negli ultimi mesi (scende in Italia, sale nel mercato parlamentare), anzi ha dimostrato ampiamente di avere esaurito l’energia che lo ha reso protagonista (quasi) assoluto dell’ultimo quindicennio di storia italiana; ma, paradossalmente, nel momento di maggiore difficoltà emerge con altrettanta chiarezza che un’alternativa oggi, se c’è, è molto debole. Sto parlando di un’alternativa credibile e vincente, di un progetto per il futuro in cui gli italiani possano riconoscersi.
Dunque non è cosa fuori dal mondo che solo uno scossone, un terremoto che scomponga e ricomponga il quadro dell’attuale opposizione possa dare nuovo slancio a una coalizione che cerca un centro di gravità permanente.
I punti di contatto con Bertinotti, però, finiscono qui, perché l’ex leader comunista continua nell’errore che, dal ‘94 ad oggi, ha impedito al centrosinistra di accreditarsi davanti agli elettori come una credibile forza di governo. La malattia della sinistra è l’‘oltrismo’, il voler andare oltre senza mai fare i conti con la propria identità e la propria storia. Ciò ha impedito che si verificasse qualcosa di analogo a una Epinay, ovvero un momento di ricomposizione sotto un unico tetto dei riformisti.
Bertinotti, e tanti con lui, non parla mai di socialismo italiano; va oltre; parla confusamente e indistintamente di socialismo europeo, ma sposta la frontiera in una terra di nessuno. Lo schema di un partito di ispirazione social-liberale alleato con il cattolicesimo democratico è il nucleo di un progetto riformista di governo che i socialisti italiani già intravidero negli anni ‘80. Da lì in poi, con Tangentopoli e la fine del PSI, è iniziata una traversata nel deserto infinita, l’albero di Bertoldo.
Dobbiamo partire da un’idea di centrosinistra in grado di cambiare l’Italia e da valori che possano scaldare i cuori della gente, non da un’irritante guerra per la leadership di una nave senza timone e senza rotta. Il rischio, sempre più evidente, è che lo strumento delle primarie diventi un cappio al collo che pian piano si stringe.
Con l’unica eccezione degli Stati Uniti d’America, nelle grandi democrazie il leader che aspira al governo è colui che guida il partito più grande. Così è per un semplice assioma: sono i partiti a selezionare la classe dirigente, a formarla e a scegliere i migliori per la leadership. L’anomalia italiana si rinnova e ritarda il processo di modernizzazione di una sinistra che si domanda se deve allearsi con l’ex missino Gianfranco Fini o con il giacobino Antonio Di Pietro. Domande che farebbero rabbrividire qualsiasi progressista francese, inglese o tedesco da noi diventano temi in cima all’agenda.
Le domande a cui dobbiamo rispondere, invece, sono quelle dei precari senza possibilità di pianificare la propria vita oltre l’arco temporale di un anno, dei lavoratori costretti a misurarsi con più doveri e meno diritti, degli studenti che scendono in piazza con il pretesto di una riforma sbagliata, ma soprattutto contro partiti e istituzioni incapaci di ascoltare le loro ragioni.
In attesa dell’età dell’oro, c’è il rischio di perdere la fiducia dell’Italia migliore

RICCARDO NENCINI
(Editoriale sull' Avanti! della domenica n.7 del 27 febbraio 2011)

SI ALLA TASSA EUROPEA SULLE TRANSAZIONI FINANZIARIE

Lo scorso 2 febbraio l’ala destra del Parlamento Europeo invece di sottoscrivere l’appello per la creazione di una nuova fonte di entrate, la cosiddetta tassa sulle transazioni finanziarie (TTF), ha preferito continuare a strangolare le economie europee imponendo tagli selvaggi ai loro bilanci.
La destra opera allo scopo di scaricare sui cittadini comuni il conto per le conseguenze della crisi finanziaria.
Con 21 voti a favore e 21 voti contro, la maggioranza della Commissione per gli Affari Economici e Monetari del PE, formata da conservatori e liberali, ha respinto l’appello per l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie.
L’appello è stato ritirato dalla relazione d’iniziativa della deputata del Pse Anni Podimata.
Tuttavia la lotta continua: il gruppo S&D rilancerà la proposta relativa a una TTF europea nella sessione plenaria di Marzo.
Scrivendo una semplice e-mail, puoi fare la differenza: I conservatori e i liberali sono divisi sulla questione. E' fondamentale che i cittadini continuino a scrivere lettere a tutti i deputati conservatori e liberali prima che intervenga il voto decisivo in plenaria.
Se volete aiutarci a costituire una lobbying a favore della tassa TTF, leggete le procedure da adottare su come far pressione sui deputati di destra del PE.
Una tassa europea dello 0,05% su ciascuna transazione finanziaria darebbe un gettito di 200 miliardi di Euro.
Senza pesare sui cittadini comuni, essa farebbe contribuire gli speculatori a ripianare gli effetti della loro crisi finanziaria.
Il PSE lancia un appello a tutti i cittadini perché scrivano ai loro deputati al Parlamento Europeo (PE) per mostrare il loro sostegno all'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie (TTF):
http://www.pes.org/en/blogs/pes-blog/save-ftt-act-now-or-let-conservatives-vote-down-robin-hood-tax.
I conservatori ed i liberali sono in realtà divisi su questo tema. Per far loro cambiare parere prima della prossima sessione plenaria scrivete ai deputati del Partito Popolare Europeo
http://www.eppgroup.eu/members/it/ByCountryList.asp?MemberCountry=it
e dell'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa
http://www.alde.eu/alde-group/alde-meps-list-member-european-parliament/
del vostro paese. Il voto di ogni deputato europeo è determinante per salvare la TTF ed ogni lettera può fare la differenza.

Per maggiori informazioni visitate il sito degli Europei per la riforma finanziaria
http://europeansforfinancialreform.org/en
e il sito degli attivisti Pse
http://www.pes.org/pes-action/political-initiatives/financial-reform-economic-policy/financial-transaction-tax

(a cura di Carmine Iuliano)

martedì 22 febbraio 2011

AL SIT IN AL PANTHEON PER LA LIBIA

Anche i socialisti saranno oggi in piazza del Pantheon a Roma, a partire dalle ore 18.00 per partecipare alla manifestazione ''Fermare la violenza, aiutare la democrazia'' in Libia.

Visto che il governo, nonostante la grande amicizia tra Berlusconi e Gheddafi, non si è accorto per nulla di quanto stava per accadere in Libia, invece di dire sciocchezze come fa Bossi sul destino degli immigrati, almeno si preoccupi di fare quanto in suo potere per difendere gli oppositori e la popolazione civile dalle inaudite violenze del regime. E’ giusto attendersi poi  un impegno serio e concreto sul fronte della speculazione. Almeno per una volta dovrebbero impedire che le compagnie petrolifere si ingrassino come al solito a spese dei cittadini giustificandosi con i futuri aumenti del barile.
RICCARDO NENCINI

lunedì 21 febbraio 2011

GATTINI CIECHI

Il governo italiano in queste ore ha una responsabilità enorme per favorire una possibile evoluzione pacifica della crisi libica sia attivando ogni canale a disposizione con Tripoli, sia consigliando per il meglio tutti gli altri governi europei e non.

E’ invece sconcertante l’atteggiamento di sorpresa e di dichiarato attendismo manifestati fin qui dal presidente del consiglio e dal ministrodegli esteri.
Berlusconi e Frattini sembrano gattini ciechi eppure per la quantità e la qualità degli interessi che abbiamo in Libia, dovevano nonsolo essere informati da tempo di quanto stava per accadere, ma anche aver approntato tutte le possibili soluzioni, diplomatiche e non, per fronteggiare una crisi che potrebbe avere ricadute economiche e sociali drammatiche.
Anche in questa occasione, invece, il governo si dimostra molto al di sotto delle esigenze vitali del Paese.
RICCARDO NENCINI

LETTERA DI UN SOCIALISTA A NICHI VENDOLA

Cambiare la sinistra...caro Vendola, tu eri comunista, tu eri in Rifondazione comunista, tu eri in quella parte della sinistra di estrazione totalitaria, conservatrice, poco laica che ha impedito uno sviluppo con prospettive di governo,nel suo complesso alla sinistra italiana.

Tu provieni da quella scuola, spesso illiberale che ha difeso nel passato le invasioni di Ungheria e Cecoslovacchia.
Tu eri tra coloro i quali, durante le partite tra Italia e Urss si commuovevano si' ma ascoltando l'inno dell'Urss. Naturalmente è tutta acqua passata ma il nostro passato serve anche a definire chi siamo.
Con grande piacere noto il tuo avvicinarsi al socialismo ma allora, scusami, vale anche per te quello che ha scritto Di Lello a Bertinotti.
In questa marcia salutare di avvicinamento al socialismo non è che voi che (Bertinotti si' tu no) socialisti non siete mai stati potete scegliervi gli interlocutori oppure avere la scellerata arroganza, come hai tu, di porvi alla testa dei socialisti.
No caro mio, non funziona cosi'.
Il Partito socialista europeo,l'Internazionale socialista non sono entità astratte ma ben reali che, in Italia, hanno un referente ben preciso che si chiama Partito Socialista Italiano .
Superare le divisioni che lacerano la sinistra italiana, la scissione tra riformisti e massimalisti sarebbe veramente una bella cosa ma sono sbagliate le basi che tu poni.
Non puoi pretendere, dopo non averne azzeccata una storicamente, di porti come leader dei socialisti che forse, storicamente, politicamente di errori ne hanno fatti un po' meno, in ogni caso mai tali da richiedere, come nel vostro caso, la condanna della storia.
Sii un po' piu' umile e sarai il benvenuto e chissà, nelle dinamiche interne del Psi potresti pure trovare una posizione da leader (sinceramente non penso con il mio voto).
Vendola,ridimensionati un attimo: stai galleggiando su una nuvola che puo' dissolversi in un attimo.
Non pensare di essere il condottiero della nuova sinistra come la chiami tu perchè poi potresti avere un brutto risveglio.
GIOVANNIBATTISTA FERRARI

domenica 20 febbraio 2011

BERTINOTTI E I SOCIALISTI

Quanto affermato da Fausto Bertinotti in occasione dell'anniversario della scissione di Livorno è certamente importante e va accolto positivamente.

D' altra parte, il fondatore di Rifondazione comunista iniziò la sua esperienza politica come socialista e dunque il suo si potrebbe definire un ritorno alle origini.
Ciò che è francamente inaccettabile e lascia più di un dubbio sulle sue intenzioni è che Bertinotti parli di socialismo europeo e non già di socialismo italiano, rispolverando la già vista parte nella ultraventennale commedia degli equivoci che gli ex comunisti italiani hanno interpretato con alterne fortune.
Se Bertinotti, riconoscendo gli errori di decenni di militanza politica, vuole interloquire con i socialisti si deve rivolgere al Psi che del Partito socialista Europeo fa parte essendone stato tra i fondatori.
Così come l'expresidente della camera se ne facciano finalmente una ragione coloro che si riscoprono socialisti ma che, antico vizio dei comunisti italiani pretendono di scegliersi gli interlocutori.
In ogni caso che il protagonista del tentativo di rifondare in Italia un partito comunista abbia compreso che non c'e' sinistra riformista moderna e di governo se non nell'alveo del socialismo e', per chiunque abbia a cuore la sinistra italiana, una buona notizia.
MARCO DI LELLO

sabato 19 febbraio 2011

SCONCERTO

Non sarà una sorpresa, ma quella contestazione dei ministri leghisti sulla festa dell’Unità d’Italia non può non produrre sconcerto. Perchè se c’è una cosa che dovrebbe unire è proprio questa: il valore dell’unità della nazione. Unità che produce l’amor patrio. Siamo l’unico paese del mondo in cui addirittura nella stessa coalizione di governo non c’è accordo su questo. Non si tratta di un principio qualsiasi. Si tratta della base su cui si deve fondare una maggioranza. Anzi, dovrebbe trattarsi di una condivisione che unisce tutte le forze politiche al di là della loro partecipazione a un governo, come avviene del resto negli Stati Uniti e anche nelle grandi democrazie dell’Europa. E’ stato così sempre anche in Italia almeno dal dopoguerra ad oggi. Anche nei momenti di scontro ideologico e di sistema più aspro sia il Risorgimento sia la Resistenza hanno unito le diverse forze politiche in campo. Ma se sulla Resistenza si affacciavano accenti e giusficazioni diverse (il Msi era tenuto per questa sua diversità fuori dall’arco delle forze costituzionali), sul Risorgimento e sull’Unità d’Italia nessun partito aveva mai manifestato una così inconciliabile diversità di accenti e di opinioni. Per di più nella storia d’Italia, a partire proprio dalla fase unitaria post risorgimentale, è stata proprio la destra ad esaltare, più che non la sinistra, il valore assoluto dell’unità. E questo è l’aspetto nuovo e preoccupante dell’attuale stagione poltica. L’ennesimo paradosso, la nuova sconcertante anomalia. E cioè che mentre la sinistra è tutta più che mai coperta dietro l’ombrello dell’unità nazionale, e anche il commovente omaggio sanremese di Benigni lo testimonia, nella destra si è aperta una falla clamorosa, proprio su un tema che è sempre stato caratteristico più della destra che della sinistra: il tricolore, l’unità della nazione, l’amor patrio. Vedremo come finirà. Posso solo auspicare che la sinistra non faccia il suo ennesimo autogol e non consideri più la Lega una sua costola. Anche quando, caro Bersani, il principale avversario appare un altro, non bisogna mai fare dell’opportunità l’unica politica scambiando la tattica con la strategia. Almeno su questo tornare ai classici non sarebbe proprio un male.

MAURO DEL BUE



BAMBINI LADRI

Luca Cefisi, autore per Newton Compton del testo "Bambini ladri, tutta la verità sui piccoli Rom tra degrado e indifferenza", è intervenuto in studio questa mattina al programma di Radiouno "Pagine in frequenza".


http://www.radio.rai.it/podcast/A0092337.mp3

PER ASCOLTARE L'MP3 OCCORRE INSTALLARE (GRATUITAMENTE) IL  PROGRAMMA QUICK TIME PLAYER


LO SPIRITO LIBERO DI MILANO


http://www.spiritolibero.mi.it/
Da oggi è online il sito promosso dai socialisti milanesi http://www.spiritolibero.mi.it/

venerdì 18 febbraio 2011

CONFLITTO D'INTERESSI

La festa nazionale per il 150.mo dell’Unità boicottata in CDM da tre ministri leghisti, compreso quello degli interni, non è un incidente trascurabile e in un Paese normale sarebbe bastato per aprire una crisi”.

Se il ministro Calderoli vota contro e il leader della Lega Bossi e il ministro degli interni Maroni, escono per non votare, è perché inevitabilmente viene a galla l’insanabile conflitto di interessi tra il loro progetto secessionista per la cosiddetta Padania e il governo del Paese, qualunque sia la maggioranza politica che lo sostiene.
RICCARDO NENCINI

giovedì 17 febbraio 2011

NON MI INDIGNO

Mi preme specificare perché mentre ascolto e leggo e vedo il dibattito politico italiano, a differenza di molte persone in realtà non riesco ad indignarmi.

Primo: non mi indigno perché e non si dovrebbe parlare di un’indagine ed anche di un rinvio a giudizio come se si parlasse di una sentenza definitiva di condanna, perché questo è un principio democratico e non è barattabile a seconda di chi sia l’indagato o l’imputato.
Un dirigente politico che parla come se fosse il pubblico ministero rappresenta un’anomalia italiana come lo è il conflitto di interessi ed entrambi sono egualmente pericolosi per il corretto funzionamento delle regole, regole che sento spesso evocare.
Secondo: non mi indigno perché non mi è mai piaciuto il sistema anglosassone per cui vita privata “etica” rappresenta la premessa per poter avere incarichi di responsabilità e sinceramente non mi importa affatto di come chiunque passi le proprie nottate e su come e con chi decida di accoppiarsi.
L’ondata di sdegno, propria di catechesi degli anni ’50 non mi appartiene ed in realtà ne rimango sorpreso e meravigliato. Non esiste etica, per me, nella vita sessuale, nel senso che non ritengo possa esserci giudizio etico da parte di nessuno, a meno che questa non limiti la libertà di un altro soggetto.
Sullo sfruttamento dell’immagine femminile non credo che la deriva sia una colpa esclusiva del Presidente del Consiglio, mi ricordo le copertine di “Espresso” e “Panorama” negli anni ’80, ero adolescente e me le ricordo molto bene, con tette e culi esposti in bella evidenza, il problema semmai riguarderebbe il sistema di scelta della classe dirigente che mai come nella seconda repubblica avviene secondo metodi insopportabili di cooptazione, pratica che però non è di esclusiva della destra, ricordo infatti chi fosse la capolista del Partito Democratico nel Lazio alle ultime elezioni politiche e non rammento grandi meriti precedenti della On. Marianna Madia.
Terzo: non mi indigno perché in una Repubblica parlamentare le dimissioni si chiedono in Parlamento e generalmente attraverso una mozione di sfiducia, è cronaca che il Governo ha ottenuto la fiducia in Parlamento non meno di un paio di mesi fa.
Quarto: non mi indigno perché nessuno mette in discussione l’azione di Governo e le politiche sociali che attua e su questo porterò due esempi. Non ho sentito o ne ho sentiti pochi di dirigenti di centro sinistra obiettare qualcosa al manager dei nostri tempi, Sergio Marchionne, il quale attraverso veri e propri ricatti e vere e proprie prove di forza ha rimesso in discussione le relazioni industriali del nostro Paese, anzi, Piero Fassino, non appena indicato come candidato a sindaco di Torino, non ha perso tempo a cantarne le lodi ed ad affermare di come un operaio avrebbe dovuto, per il suo bene, seguire le indicazioni del vate. E’ poi cronaca di questi giorni la improvvisa riscoperta dell’anima proletaria e popolare della Lega Nord, che forse nessuno si è accorto essere il vero motore delle scellerate politiche del Governo Berlusconi.
Può nascere il sospetto che il problema sia solo chi “gestisce” e non come “gestisce”.
Quinto ed è il punto centrale: non mi indigno per le mancate dimissioni di Berlusconi perché nessuno di noi si indigna per le mancate dimissioni di tutto il gruppo dirigente di centro sinistra il quale perde dal 1994 quasi tutti gli appuntamenti elettorali.
Nelle democrazie normali, difatti, la prima cosa che accade è che chi perde va a casa, cosicché magari una futura richiesta di dimissioni del Premier, magari proposta da qualche 35enne risulti più credibile e più decente.
Tutta la situazione non mi indigna ma in realtà mi preoccupa, perché da mesi si parla di questo e non dell’Italia.
FERDINANDO PASTORE

mercoledì 16 febbraio 2011

TASSE

Tra federalismo e milleproroghe il governo ha preparato una grandinata di tasse senza precedenti.

Quanto deciso oggi con gli aumenti delle tasse regionali, della Tarsu e della Tia, e perfino dei biglietti del cinema, non fa che confermare la deriva già presente nello schema del federalismo di Calderoli che ha previsto di far pagare più Irpef e più Ici agli italiani senza salvare, con la reintroduzione della tassa di soggiorno, neppure i turisti. Ma la cosa più grave è che, nonostante le promesse, nulla è stato deciso per la lotta all’evasione fiscale e per i tagli ai costi della politica.

RICCARDO NENCINI

TUNISIA. UN MESE DOPO.

Tunisi un mese dopo. “Quest’anno San Valentino ha un gusto più amaro per chi non si è dimenticato dei martiri tunisini che hanno sacrificato la loro vita e per le generazioni di domani che vivono il tempo della libertà e della dignità.” E’ l’incipit solenne del giornale più venduto “La Presse”, ieri gazzetta di regime ed oggi sintomo della libertà di espressione della nuova Tunisia. E’ passato solo un mese ed agli occhi di chi la conosce bene la città e i suoi cittadini si ha l’impressione di un vero cambiamento. La capitale restituisce a colori le immagini in bianco e nero che avevano certi film del neo-realismo italiano: i carri armati, il filo spinato, le donne velate con i bambini in braccio , gli studenti con i cartelli che rivendicano “la dignità” rivoluzionaria e predicano che l’economia e la ripresa ha bisogno del loro “sforzo” (in arabo jihad).
Il traffico impazzito ma al tempo stesso educato, disciplinato. E’ l’auto-gestione di un popolo che ha perso l’asfissiante tutela dei corpi della sicurezza dello Stato e che oggi vive l’ebbrezza della libertà che si è trasformata in una felice e spensierata anarchia.
Incomincio la mia passeggiata sull’avenue Bourghiba dalla Cattedrale Cattolica a me famigliare (lì si sono celebrati battesimo e funerale dei Benedetto di casa, mi accorgo di essere praticamente l’unico straniero che fende la folla brulicante, i capannelli fitti di persone che sproloquiano di nazionalismo e costituzione, di bambini che offrono, come nella rivoluzione portoghese, i fiori ai militari. Sulle scale del teatro municipale, quello epoca liberty voluto fortemente dalla comunità Italiana perché si potesse avere un luogo dove ascoltare le arie operistiche, gli studenti festeggiano a modo loro il San Valentino: bandiere al vento, inno nazionale, stanche e blande richieste di dimissioni del Governo, solidarietà ai martiri ed ai lavoratori. I poliziotti, praticamente assenti o sporadici , scherniti “ora che avete ottenuto l’aumento, andate a fare il vostro lavoro !”, ai lati del marciapiede gli ambulanti abusivi friggono le loro “merguez” e l’odore impregna i vestiti esposti nella grande boutique Zara.
Già qualche giornale incomincia a scrivere, non senza ironia, che l’arteria simbolo della Rivoluzione e della Tunisia di sempre assomiglia sempre più alla “caverna di Ali babà. La libertà? si è bella ma si deve fermare quando incomincia quell’altrui..”. Il paese vive in una sorta di “trance”, da un lato l’uccisione del secondo padre responsabilizza il popolo alla necessità di fabbricare e costruire la nuova era, dall’altro è messo di fronte a tutte le incognite che gravano sull’onda lunga che sta cambiano regimi nord-africani e forse medio-orientali.
Le ingenti perdite finanziarie, la valuta che scarseggia.il Governo che non Governa, unita ai primi esodi sulle spiagge incustodite del centro e del sud sono i primi segnali evidenti che il futuro che si prepara è tutt’altro che roseo. La Francia , vecchia zia temuta , ha dato in queste settimane il peggio di sé, con il suo “né aderire, né sabotare”, l’Italia che è la vera meta eldorado di molti giovani ha mostrato il suo volto più stupido, quello che promette polizia sulle coste anziché nuovi turisti e nuovi investimenti. I tunisini si sentono, come sempre, un po’ lontani, spenti i riflettori che si sono subitamente accesi sulla più strategica crisi egiziana, essi si trovano improvvisamente soli. Il “comitato per la difesa dei valori della rivoluzione” , che si riunisce a casa di un italiano di Prato che si è improvvisato reporter via Facebook, Giacomo Fiaschi, fende il coprifuoco e tira fino alle quattro di mattina, tra un bicchiere e l’altro per immaginare come potrà essere la nuova democrazia parlamentare e la nuova Costituzione, i vecchi dignitari di Regime si leccano le ferite e cercano un modo per tornare a galla indossando nuove maschere, gli islamici lavorano, ora neanche tanto di nascosto: nell’esercito, nelle strade, nelle moschee e mentre il sole ride facendo capolino dietro la Sinagoga di Tunisi, i giovani salafiti usciti dopo anni allo scoperto, vanno all’assalto gridando “Non c’è che un solo dio e Maometto è il suo profeta”.
E’ passato solo un mese ma in Tunisia sembra che sia passato più di un secolo.

BOBO CRAXI

MONDOPERAIOBLOG: IL PROCESSO BERLUSCONI

MONDOPERAIOBLOG: IL PROCESSO BERLUSCONI: "Quando la Procura di Palermo incriminò Andreotti per associazione mafiosa Emanuele Macaluso non nascose il suo dissenso. Pubblicò un pamphle..."

martedì 15 febbraio 2011

BAMBINI

La Corte di Cassazione non è di certo una pericolosa avanguardia laicista. E non ha detto nulla di rivoluzionario quando ha affermato, quarantaquattro anni dopo la Convenzione di Strasburgo sull’adozione dei minori, che parla esplicitamente anche “di un solo adottante”, che sarebbe il caso che il Parlamento Italiano legiferasse in materia. Tra l’altro, così facendo, il nostro Legislatore seguirebbe il percorso già tracciato da quelli inglese, francese e spagnolo, senza che ciò abbia provocato alcuno sconvolgimento in quei paesi ma casomai qualche migliaio di genitori e di bambini felici in più. Ma da noi tutto questo non è stato e non sarà possibile. Qui da noi le frontiere di queste materie sono saldamente presidiate dalle autorità vaticane che hanno infatti prontamente sentenziato che “ogni bambino ha diritto a un padre e a una madre”. Così sia, con buona pace delle migliaia di bambini che, non avendone nessuno, si accontenterebbero del doppio amore di un genitore solo e dei tanti aspiranti genitori single. E del nostro Legislatore che sarà autorizzato, per i prossimi quarantaquattro anni, a far finta che la questione non esista.

GERARDO LABELLARTE

BUONI CONSIGLI

In un Paese normale non saremmo mai arrivati a questo punto e non avremmo mai avuto un presidente del consiglio in carica nonostante il suo enorme conflitto di interessi, a cominciare da quello nel settore dell’informazione, che ne condiziona ogni atto.

In un Paese normale, come è accaduto nel resto dell’Europa e negli Stati Uniti, semplici parlamentari, ministri e premier si dimettono per questioni infinitamente meno gravi di quelle che hanno coinvolto fino a oggi Berlusconi.
Ma noi non siamo più da un quindicennio un Paese normale e quindi non c’è da essere ottimisti. Possiamo solo sperare che almeno per una volta Berlusconi ascolti i buoni consigli delle persone più equilibrate, a cominciare da quelli del Capo dello Stato.
RICCARDO NENCINI

MONDOPERAIOBLOG: Se un milione vi sembran poche....

MONDOPERAIOBLOG: Se un milione vi sembran poche....: "Chissà se la ministra Gelmini è in grado di capire cosa richiama il titolo, quasi certamente no, anche perché lei di numeri e manifestazioni..."

lunedì 14 febbraio 2011

UN FARMACO

Stamattina, nel corso della conferenza stampa di presentazione del Festival di San Remo (che qualche buontempone tempo fa, non a torto, ribattezzò San Scemo) a qualcuno è saltato in mente di chiedere alle partners di Gianni Morandi, entrambe bellissime e notoriamente molto impegnate politicamente, un giudizio sulle manifestazioni delle donne svoltesi ieri e, se mai ne avessero avuto il tempo e la possibilità, vi avrebbero preso parte.

Il genetista berlinese, Hans-Hilger Ropers, nell'agosto del 2006, terminò, a suo dire con successo, la sperimentazione (in vivo, su cavie) di un farmaco contro la stupidità.
Non è dato sapere se a tale sperimentazione qualche industria farmaceutica abbia dato seguito producendo il principio attivo.
In Italia sarebbe di grande utilità in considerazione del fatto che tale grave patologia ha assunto proporzioni endemiche, attecchendo soprattutto tra non pochi operatori dell'informazione.
EP



MONDOPERAIOBLOG: BATTERE I CHIODI CON IL SAMOVAR

MONDOPERAIOBLOG: BATTERE I CHIODI CON IL SAMOVAR: "Quando si celebrò il Centenario ero al liceo, e non era festa. Il preside organizzò una lezione in aula magna. Era il padre di un caduto rep..."

REATI. NON PECCATI.

E' quello che avrei voluto sentire levarsi forte e chiaro dalla piazza di Roma e delle altre città italiane. E invece niente. E invece abbiamo ascoltato l'autorevole suora o la nota attrice, ma nessuna che abbia detto con chiarezza: "L'autodeterminazione della donna non è in discussione. L'autodeterminazione non è un elastico che può essere tirato solo quando fa comodo. O c'è o non c'è. E per ogni persona, c'è. E vale per la donna che decide di abortire, come per quella che invece di fare la cameriera preferisce viaggiare su un Cayenne, parcheggiato all'Olgettina. Noi oggi siamo qui perché non siamo d'accordo sui criteri di selezione della classe dirigente di questo Paese, che prevede che solo chi fa parte di certi entourage possa accedere alle cariche pubbliche, alla faccia della preparazione e del merito. Noi siamo qui perchè vogliamo che i partiti diventino luoghi democratici, con regole chiare e trasparenti, in ossequio al dettato costituzionale. Noi siamo qui perché rivendichiamo il nostro diritto ad essere pienamente responsabili di noi stesse e delle nostre scelte, qualsiasi esse siano; perché non intendiamo più essere gregarie di nessuno, tantomeno di quegli uomini che magari oggi sfilano con noi e ci appoggiano, tranquilli del fatto che, una volta finita questa manifestazione, tutto tornerà come prima, perché nessun attentato è stato realizzato al loro potere, nessun tema di fondo è stato aggredito. Noi siamo qui perché rivendichiamo il diritto/dovere di intervenire su tutti gli argomenti che riguardano questo Paese, e non solo su quelli de "il corpo delle donne".

Certo, quando c'è di mezzo "il corpo delle donne", il discorso si fa delicato. Ma quello riguarda molto più la tratta, la riduzione in schiavitù o certe immagini pubblicitarie e meno, molto meno la logica sottesa ad un cosiddetto stile di vita del "lavoro-guadagno-pago-pretendo", che prevede che un vecchio ricco ultrasettantenne si contorni di giovani donne e giovanissime per riempire il proprio tempo ludico. Di questo ne sono personalmente disgustata, ma non lo giudico moralmente. Come non giudico le decine e decine di coppie scambiste o le studentesse e casalinghe che numerose oggi in Italia si prostituiscono per libera scelta. Per farla breve, non sono affatto interessata ai costumi sessuali di nessuno, al di fuori dei miei e di quelli dei miei eventuali partner. E siccome ho introiettato i valori un po' ottocenteschi del decoro, della decenza e della riservatezza, rimango inorridita quando dei propri costumi sessuali se ne fa pubblico uso e quando pubblicamente questi vengano usati. Anzi, mi sembra davvero una violenza inaccettabile. Mi auguro dunque che, qualora veramente esistano foto intime del "premier", queste non vengano mai pubblicate. Mi sentirei a disagio per il suo disagio, esattamente come mi ci sento quando osservo in televisione alcune esibizioni che offendono palesemente il mio senso della dignità della persona. In quelle circostanze cambio canale o osservo per cercare di capire in che mondo vivo. Ma senza giudicare la libera scelta di giovani e belle donne che liberamente usano il proprio corpo e decidono di entrare in un meccanismo che, per definizione, le usa per come appaiono e non per quello che "sono". Di solito, di fronte a tutte queste manifestazioni e a molte altre infinitamente più pornografiche (la faccia di Signorini mentre intervistava Ruby, ad esempio), penso che anche per il mondo dello spettacolo potrebbero esserci regole che rimandano alla capacità artistica, così come per il mondo della politica dovrebbero esserci regole che rimandano alla costituzione. Ma quello che mi rende davvero spaesata in questa melassa che mischia tutto senza mettere a fuoco niente è l'inevitabile ricorso ai valori cattolici: in questa Italia secolarizzata, e non da oggi, l'opposizione perde ogni occasione per evitare di scandalizzarsi moralisticamente e di "chiedere permesso" alla Chiesa per alzare la voce, preferendo questo ad una chiara affermazione laica del dovere di perseguire reati e non giudicare i peccati.

MARIA SQUARCIONE

domenica 13 febbraio 2011

TRE GHINEE

“Se non ora, quando?” è il titolo della manifestazione che porterà oggi nelle piazze italiane migliaia di donne e uomini a difendere e promuovere l’immagine, il valore e la dignità delle donne in un Paese dove sempre più spesso la rappresentazione del mondo femminile è offensiva e lesiva del contributo che le donne hanno dato e continuano a dare alla crescita della società.

Anche solo parlando della storia d’Italia sono state davvero tante le donne che hanno attraversato la storia spesso in silenzio, che hanno affermato idee, conquistato diritti e combattuto pregiudizi per raggiungere quell’emancipazione politica, economica e giuridica che conosciamo. Lo hanno fatto con determinazione dentro i movimenti e i partiti portando avanti le migliori idee della tradizione laica e cattolica. L’hanno fatto in tante, con sacrificio e senso del dovere anche durante le due guerre del secolo scorso.
Oggi i passaggi di un’emancipazione conquistata con fatica, impegno e lavoro hanno portato tante a svolgere ruoli di rilievo nella società con competenza e professionalità, tantissime al lavoro dentro la famiglia o nelle imprese con la consapevolezza che c’è ancora tanto da fare perché sempre più donne possano godere dei propri diritti.
Tutto ciò non può essere cancellato da modelli e comportamenti sempre più diffusi da giornali, tv, pubblicità e politica. La rappresentazione che si sta dando delle donne come puro oggetto di scambio sessuale non è quella vera, non quella che vogliamo trasmettere ai nostri giovani se pensiamo al futuro della nostra società con rispetto e come luogo in cui la coesione sociale, la coscienza civile e la crescita siano i principi fondanti.
Tanti anni fa, la scrittrice Virginia Woolf utilizzò la metafora delle tre ghinee per lamentare la povertà della condizione femminile ai suoi tempi, quando le donne non avevano nemmeno pochi spiccioli da spendere per autodeterminare la loro vita, nonostante la coscienza delle loro potenzialità. Quelle tre luccicanti ghinee dell’istruzione, dell’accesso alle professioni, della prevenzione delle guerre, nel nostro Paese come in tanti altri le abbiamo conquistate e da allora le donne sono cresciute, molte di noi hanno scelto di fare politica convinte che il modo migliore per vivere i sogni sia quello di provare a realizzarli, attraverso una politica etica perché pensata nell’interesse della collettività. Non permetteremo quella barbara semplificazione dell’immagine femminile che qualcuno sta tentando di radicare nella società italiana!
Per questo le donne e gli uomini socialisti saranno oggi nelle piazze italiane a difendere non solo la dignità delle donne, la loro storia, ma anche il futuro del Paese.

RITA CINTI LUCIANI



sabato 12 febbraio 2011

IL VERO SCANDALO

La Commissione di Vigilanza RAI di nuovo al centro della scena con l'atto di indirizzo che il PDL vorrebbe farle approvare. Numerose le novità che questo porterebbe: si va dall'obbligo di doppia opinione nei talk-show, alla par condicio quasi permanente negli spazi dedicati ai politici, al divieto di trattare lo stesso argomento nella medesima settimana e via dicendo.

Dunque il PDL si sente poco rappresentato (sulle reti RAI s'intende!).
E' utile ricordare che le trasmissioni condotte da Santoro, Fazio, Dandini, Floris, da sempre sul libro nero del PDL (o più precisamente di Silvio Berlusconi), non hanno influito, lo dicono i fatti, sugli esiti elettorali.
Il tutto mentre restano invece ancora esclusi dall'informazione 5 milioni di elettori che, grazie all'attuale legge elettorale, non sono rappresentati nè in Parlamento né dalla Tv di stat
Ma su questo, il vero scandalo, non s'odono voci nè da destra nè da sinistra
ANDREA NESI







STORIA E OMISSIONI

Gentile Direttore, nell’intervista rilasciata sul vostro quotidiano di oggi ad Aldo Cazzullo, L’on Cicchitto nel sottolineare discutibili analogie fra le vicende del 1993 che portarono alle dimissioni prima ed alla scelta poi dell’auto-esilio di mio padre Bettino Craxi con l’attuale vicenda giudiziaria che coinvolge il Presidente del Consiglio in carica, ha omesso qualche elemento che considero importante per una riscrittura onesta della recente Storia che non deve per nessuna ragione essere piegata a sua convenienza o per una comprensibile lealtà da parte dei protagonisti di ieri e di oggi.

Innanzitutto nel gruppo dirigente Socialista che si “squagliò” e che prese le distanze da Craxi va annoverato anche lo s tesso Cicchitto (salvo poi pentirsene qualche anno più tardi), che partecipò alla proscrizione del gruppo dirigente craxiano e si trovò a parteggiare nel 94’ al sostegno della “macchina da guerra” occhettiana. Nel gruppo di fuoco a sostegno dell’inchiesta che spazzò via i partiti di Governo dell’epoca un ruolo di rilievo lo ebbe tutto il gruppo editoriale facente capo a Berlusconi, che cavalcò senza limiti, sino alla sua discesa in campo,l’ondata giustizialista manifestando aperto sostegno alla rivoluzione di “mani pulite”
E questo abbandono del gruppo televisivo privato al sostegno degli uomini politici dell’area di Governo dell’epoca unita alla esaltazione dei alcuni TG ( quello di Emilio Fede in testa) delle figure mitologiche dei Pm furono il segnale più evidente dello spostamento di campo di settori più popolari della cultura televisiva italiana verso il Giustizialismo sommario di cui oggi si paventa ancora il rischio e la forza propagatrice.
In definitiva ognuno sarà “artefice e fabbro del suo destino”, ma le analogie fra Craxi e Berlusconi a cui spesso si vuole ricorrere devono sempre tenere conto delle diverse circostanze e, se si vuole essere intellettualmente onesti, delle diverse biografie. Il finanziamento illegale alla politica, come ebbe a spiegare mio padre in Parlamento, fu un antica e consolidata pratica che conobbe le sue radici e ragioni nei tempi della guerra fredda, le sue degenerazioni con l’89 non furono più né tollerate né giustificate. Esse furono prassi negative commesse nell’esercizio di funzioni e ruoli politici. Oggi siamo di fronte a vistose offensive giudiziarie , certo sproporzionate, che segnalano però un degrado morale intollerabile della vita pubblica. Il PSI, nel 93’, spaventato commise l’errore di non difendere l’uomo, il leader, salvo poi probabilmente pentirsene, ma il corpo degli iscritti e dei militanti non giustificava il ricorso alle risorse aggiuntive per la politica. Il PDL difenda, com’è giusto, il suo leader ma non può essere reticente di fronte alle pagine di malcostume che hanno messo in imbarazzo milioni di concittadini. Per queste ed altre ragioni io penso che sia giunto il momento di andare oltre le singole Storie, scrivere, per amore di verità, almeno correttamente e senza omissioni quelle del passato e mobilitarci, per evitare il declino, oltre che politico ed economico, morale del nostro paese. Esso non sarà evitato da un processo in più o in meno, ma dall’impegno che ciascuno metterà nel suo campo d’azione per esaltare i valori positivi della nostra convivenza civile, per difendere in modo diverso le istituzioni e la Storia del nostro paese.
BOBO CRAXI
(Lettera al Corriere dell sera del 12 febbraio 2011)

venerdì 11 febbraio 2011

HERR DURNWALDER

Forse sono i fumi leghisti della Padania o anche il clima di scontro istituzionale alimentato da Berlusconi, ad aver ispirato Luis Durnwalder nella sua intemerata contro il 150.mo dell’Unità d’Italia.

Il Presidente della Provincia autonoma di Bolzano sembra che, incredibilmente, ignori il processo di integrazione europea, oltre a disconoscere il sostanzioso apporto dei contribuenti italiani al benessere della propria minoranza di riferimento, deciso a suo tempo per fargli superare pacificamente l’amarezza di non essere cittadini austriaci.
Così nel momento in cui si costruisce faticosamente un’identità sovranazionale, Durnwalder vorrebbe ricacciarci indietro di due secoli e riaprire nientemeno che la stagione dell’irredentismo nazionale.
Nell’impazzimento generale ci mancava anche questa sciocca e antistorica polemica di un presidente di provincia, che pensavamo fosse stato eletto per rappresentare tutti i suoi concittadini e non invece solo quelli di lingua tedesca.
RICCARDO NENCINI

UN'ALTRA STORIA

Ha cominciato Madama Santanchè. Poi, a seguire, altri esponenti del PDL, in numerosi talkshow, hanno ripetuto come un disco rotto l'evocazione del film, premio Oscar 2007, "Le vite degli altri" del regista tedesco von Donnersmarck, paragonando i metodi di indagine degli inquirenti di Milano alla famigerata Stasi della DDR, fino ad arrivare al punto di indurre la direzione di Rai Due a cambiare repentinamente, lo scorso mercoledì, il palinsesto e proporre, in prime time, il film medesimo.

Oggi, nell'intervista rilasciata al Foglio, il premier evoca nuovamente la DDR e la Stasi per descrivere ciò che, secondo lui, sta avvenendo relativamente al Rubygate.
Si tratta di un'operazione mediatica tanto rozza quanto purtroppo destinata a durare poichè, se non fosse ancora chiaro, siamo già piombati in un clima da campagna elettoral-referendaria che il premier condurrà rispolverando, con tutta l'enfasi aggressiva di cui è capace, i soliti feticci che, peraltro, sa manipolare come nessun'altro, al solo scopo di distogliere l'opinione pubblica da una valutazione del disastro politico istituzionale che ha provocato con i suoi comportamenti.
Il film in questione è uno straordinario quanto agghiacciante affresco della DDR di Honecker nella quale la Stasi, mediante un esercito di infiltrati, era guardiano, arbitro e giudice dei sudditi della nomenklatura comunista di Pankow.
La sorveglianza, le perquisizioni, gli interrogatori, la prigionia, la limitazione di ogni forma di espressione pubblica e privata da parte del potere politico sono i temi che costituiscono l'ossatura dell'opera.
Un film intenso e importante perchè, pur narrando una vicenda privata, assurge a documento storico: come tale è stato concepito e come tale andrebbe metabolizzato.

Utilizzarlo strumentalmente e impropriamente a fini propagandistici in un contesto storico e politico del tutto diverso e neppure lontanamente paragonabile a quello della Germania Est, come è avvenuto in questi giorni, fa semplicemente inorridire.
E non siamo che all'inizio.
EP

GRILLO ZERO

Quando un programma televisivo come " Anno Zero " già di per se fazioso e giacobino, propina interviste come quelle rilasciate da Beppe Grillo, mi rendo conto che Berlusconi e questo Governo avranno vita lunga proprio a causa delle volgari performances di simili personaggi . Mettendo da parte tutte le proposte confuse che ieri sera il comico genovese ha presentato, la cosa che mi ha lasciato esterrefatto è stata la grottesca imitazione del leader della " Lega Nord " Umberto Bossi.
Credo che l' opposizione, per quanto dura possa essere, dovrebbe prendere chiaramente le distanze da simili volgari irrisioni verso chi è affetto da gravi patologie.
Se un militante di sinistra come me, resta basito da queste uscite infelici, figuriamoci cosa potrà mai pensare un elettore moderato, magari stanco del berlusconismo ed indeciso su come votare alle prossime elezioni.
LUIGI IORIO

giovedì 10 febbraio 2011

D'ACCORDO CON SILVIO: VAI A COSTRUIRE OSPEDALI PER BAMBINI NEL MONDO!

Si tratta di una scelta che ti fa onore e lascerà in noi un ricordo indelebile. Una sola richiesta da parte nostra: non tornare (e se vuoi, quando passi per l'Africa, dai un colpo di telefono a Veltroni)!


http://www.facebook.com/#!/home.php?sk=group_181721098531735

FOIBE

Oggi celebriamo il ricordo dell'esodo dei concittadini dell'Istria e della Dalmazia e delle vittime delle foibe: migliaia di uomini, donne e ragazzi furono uccisi solo perché italiani.

Le foibe, tombe di gente senza nome, torturata e uccisa sommariamente fin dal 1943 dai partigiani di Tito, dai nazisti tedeschi mandati a fare pulizia e poi nuovamente dai comunisti. Fosse comuni, usate durante la Seconda guerra mondiale per mostruosi delitti politici, esecuzioni sommarie, pulizie etniche, utilizzate anche per risolvere in modo drammatico le proprie vendette personali, i propri rancori. Persone legate assieme con il filo spinato, fatte precipitare nel baratro e lasciate morire lentamente; corpi mutilati e torturati gettati nelle viscere della terra.
Ieri, l'esodo degli italiani dall'Istria e la riscrittura dei confini, con sloveni venutisi improvvisamente a trovare in territorio italiano e italiani diventati jugoslavi. Oggi rimane sotto la cenere l'odio interetnico, mai sopito, tra le due comunità che vivono nella terra di confine.
Ci sono i ricordi di quanto è accaduto e l'incapacità di dimenticare i morti ammazzati rimasti impuniti. C'è il malessere di intere famiglie che hanno qualcosa da rivendicare: la perdita della terra, di un padre, di una sorella, della patria, di un ideale. C'è una pagina buia della nostra storia sulla quale non è mai stata fatta luce o non è stata fatta a sufficienza, sulla quale non c'è mai stata giustizia. Ed è proprio questa mancanza di chiarezza e di giustizia che ha alimentato l'odio verso i carnefici, facendo diventare un sospetto assassino chiunque in quel periodo fosse comunista o vicino ai comunisti, e che oggi alimenta e rende possibili l'aggressività e la tracotanza delle bande neonaziste, facendo sì che vengano tollerate, minimizzate, quasi giustificate.
Sparirono italiani, ma anche croati, sloveni. Non si sa quanti. Centinaia, migliaia. I registri municipali vennero sistematicamente distrutti e dopo fu difficile stabilire chi mancava. Molti erano semplicemente fuggiti, molti furono uccisi prima dai tedeschi. Decine di denunce accantonate che fino a pochi anni fa non si potevano toccare.
Noi socialisti non abbiamo atteso oggi per dire parole di verità su quei tragici fatti, facevamo battaglie di libertà, di verità, spesso isolati nella sinistra. Abbiamo ricordato per anni il martirio della popolazione italiana in Istria. I giornali e i libri, per la verità, scrivevano e dicevano poco, ma al riguardo ci hanno insegnato tanti cari compagni ed amici. Ne voglio ricordare due: Guelfo Zaccaria, socialista, partigiano in Istria, e Pio De Berti, direttore della rete due della RAI, intellettuale, esule da Fiume, scacciato dalla violenza titina; suo padre era sindaco socialista di quella città e fu poi stretto collaboratore di Saragat.
Purtroppo, per troppo tempo a sinistra, anche se non in tutta la sinistra, si è rimossa colpevolmente questa tragedia. Il mito del "compagno Tito" ha steso una coltre di silenzio sulle foibe e sull'esodo, ma è stato scritto che la storia fatta di silenzi, di falsificazioni, di mistificazioni non è mai maestra di vita. Men che meno i silenzi possono far parte di istituzioni democratiche.
I sinceri democratici non possono e non debbono dimenticare il significato di quegli eventi drammatici, per troppo tempo colpevolmente oscurati, ma debbono respingere ogni tentativo di strumentalizzarli al fine revisionista di attenuare o confondere le responsabilità storiche della dittatura fascista e della Repubblica sociale italiana.
II Giorno del ricordo, così come i convegni di grande respiro culturale e politico, devono essere l'occasione per riaffermare come la storia non deve essere strumento di lotta politica, ma parte integrante dell'anima di un popolo senza silenzi e senza amnesie.

GIOVANNI CREMA
(dall'intervento al Senato della Repubblica del 10 febbraio 2005)









DONNE DAVVERO GRANDI

Nel 1968 mia madre “scendeva” in piazza invocando la libertà e la parità di diritti per le donne credendo, ed in parte è stato così, di vincere una battaglia anche per me, che dovevo ancora nascere.

Oggi, dopo più di quarant’anni, in piazza vado io a manifestare per una parità che, purtroppo, è stata solo in parte raggiunta.
Ho cambiato l’immagine del mio profilo di Facebook con quello di Anna Kuliscioff, cito nei miei interventi Matilde di Canossa, Marie Curie, Maria Montessori, Rita Levi Montalcini, Elsa Morante, Rosa Parks, Oriana Fallaci e molte altre ancora … perché oggi, nel 2011, c’è ancora bisogno di ricordare che di Grandi Donne ne sono esistite e che le Donne possono essere davvero Grandi.
In un tempo in cui “dovrebbero” contare maggiormente qualità e competenze, mi ritrovo a dover difendere i talenti, le idee e l’impegno di tante donne.
Non è una questione di femminismo, ma un problema di dignità, di parità, di opportunità che vanno non solo tutelate, ma garantite.
“Scenderò” in piazza domenica in nome di una società civile e moderna che veda uomini e donne costruire insieme una democrazia vera e al mio fianco ci sarà mia madre!

RITA MORICONI



mercoledì 9 febbraio 2011

UNIRE. NON DIVIDERE

Il consigliere comunale del Psi Claudio Della Ratta ha inviato al sindaco di Bolzano Luigi Spagnolli a seguito delle dichiarazioni rese dal Presidente della Provincia di Bolzano-Sud Tirol Luis Durnwalder sul tema dell'150° dell'unità d'Italia:
Unire e non dividere, costruire e non distruggere, dai cartelli ai monumenti, passando per il festeggiamento dei 150 anni dell’unità d’Italia. Difficile nel nostro Comune che, seppur composto per i tre quarti da sudtirolesi di madrelingua italiana, deve convivere con un presidente della giunta provinciale il quale, nonostante l’assenza di acredine, dichiara apertamente di non sentirsi italiano, e che si esprime senza tenere conto di tutte le culture presenti, ma solo della propria e personale cultura tedesca (dal quale non ci sentiamo purtroppo in questo caso rappresentarti).

Ti chiedo, caro sindaco della città di Bolzano, viste le recenti esternazioni in argomento, se, come città capoluogo, intendiamo sopperire a tale manifesta mancanza o se preferiamo tenere un profilo basso per non urtare la sensibilità degli amici della SVP.
Comprendo che l'Alto Adige culturalmente è diverso dal resto d’Italia, ha una storia di lotte per l'indipendenza delle quali bisogna tener conto, ma ciò non toglie che la mancata rappresentatività della nostra Provincia ad una festa nazionale non trovi giustificazioni.
Sicuramente i tuoi concittadini si aspettano da te un gesto partecipativo significativo in tal senso. Un gesto importante che preveda la realizzazione di un programma di festeggiamenti per i 150 anni dell'unità d'Italia, specifico per la città di Bolzano, ovviamente “non in conflitto, ma in memoria”. L'unità d'Italia non è solo un anniversario da ricordare, ma è un valore da preservare per il futuro. Vogliamo vivere in una città che unisce e dobbiamo costruire una nuova coscienza comune per gli altoatesini, siano di madrelingua tedesca o italiana: partendo dai valori del Risorgimento ottocentesco ma declinandoli in un nuovo Risorgimento del terzo millennio.
CLAUDIO DELLA RATTA
Consigliere comunale Psi di Bolzano



lunedì 7 febbraio 2011

FINALE DI PARTITA

"Se mi doveste fare una domanda e dirmi in quanti giorni Napoli potrà tornare al normale smaltimento dei rifiuti, io vi dico che in meno di due settimane si può fare".

Affermazione che Silvio Berlusconi pronunciò solennemente il 26 novembre 2010.
Sono trascorsi più di 2 mesi e Napoli, tutta Napoli, dopo una breve tregua, è nuovamente sommersa dall'immondizia.
Non vi sono più parole per commentare uno stato di cose intollerabile, che si trascina da anni senza che vi sia stata la capacità e la volontà di porvi fine.Il vero scandalo della nostra Italia, ben più grave del boccacesco Rubygate, è questo.
Lo scempio e l'umiliazione a cui sono sottoposti una città d'arte unica al mondo e i suoi cittadini che ormai paiono fatalisticamente in preda alla rassegnazione, costituiscono la triste metafora di un Paese che sembra vivere in un "cupio dissolvi", incline a sedimentare con una rapidità impressionante una situazione di una gravità assoluta le cui conseguenze saranno devastanti.
E' la tragedia di Napoli e della sua provincia il vero finale di partita dell'era berlusconiana: delle sua tante illusioni, delle altrettante menzogne e delle troppe promesse non mantenute.
EP









domenica 6 febbraio 2011

DEJA VU


Tifosi italiani di rugby
 ieri allo stadio Flaminio di Roma
per Italia Irlanda
Se Mirko Bergamasco, tra i migliori giocatori di rugby al mondo, ieri, a pochi minuti dal termine della partita Italia Irlanda, fosse riuscito a centrare i pali, mettendo così in sicurezza l'esiguo vantaggio azzurro, forse i titoli dei tg e dei giornali di oggi sarebbero dedicati alla celebrazione di una vittoria storica nel mitico torneo delle Sei nazioni, in cui purtroppo l'Italrugby, ultima arrivata, seguita ad essere la Cenerentola. O forse sarebbero stati quantomeno derubricati, asciugandoli dalle troppe enfasi del giorno dopo, quelli dedicati l'adunata degli Indignati in s.p.e. del Palasharp di Milano con l'annessa passerella del meglio del culturame radical-chic meneghino e italiota, benedetta dall'editore di riferimento di molti tra costoro, presente nel catino urlante e circondato dall'adorante corte di alcuni tra i campioni della nuova stagione giustizialista sulla quale, con la consueta lucida analisi, ha scritto in questi giorni Ugo Intini. Si, perchè la questione è esattamente questa: sta andando in scena l'ennesima pantomima che disegna un Paese diviso tra supposti ipergarantisti da un lato e indignati giustizialisti in servizio permanente effettivo dall'altro, con la penosa ripetizione della recita di un canovaccio da avanspettacolo a cui questo Paese assiste attonito. Ovviamente, in codesto scenario, le voci che invitano alla ragionevolezza e ad un minimo di riflessione e sobrietà sono rese afone dagli schiamazzi scomposti di chi, da almeno un trentennio, si ostina a considerare il confronto politico come una sorta di ordalia mediatica.
Insomma, la pruderie giustizialista, somministrata da cerimonieri vecchi e nuovi, sembra rioccupare il centro della scena fornendo ad un Premier screditato e prossimo al capolinea, lievito per impastare a colpi di slogan tra l'ammicante e l'allarmato, l'argomento con il quale si è garantito la leadership quasi ventennale dell'Italia: la persecuzione mediatico giudiziaria nei suoi confronti.
Con il rischio concreto che riesca a scavallare anche l'ultimo ostacolo che, peraltro, è stato così bravo a costruirsi.
Sarebbe un déjà vu.  Ma in giro c'è chi è ancora incapace (o, peggio, non vuole, poichè non gli conviene) di comprenderlo.Come gli ideatori e i protagonisti della kermesse milanese.
EP

sabato 5 febbraio 2011

IL GIUSTIZIALISMO CONTINUA A FAR PAURA

Non so se e per quanto tempo i sondaggi indicheranno che gli scandali non disgregano affatto la base elettorale del centro destra. Certo è che tra le molte (e credibili) spiegazioni del fenomeno, i commentatori ne hanno sottovalutate due. La prima è quasi ovvia. Moltissimi italiani non leggono i giornali e guardano distrattamente una televisione che certo non è interessata a dare spazio agli scandali. Quindi, semplicemente, sono per il momento poco informati. La seconda spiegazione, più duratura e più politicamente importante, è la repulsione verso il giustizialismo.

Senza approfondire il fatto che l’oggetto delle indagini è ben diverso, molti elettori vedono nell’azione della magistratura milanese il replay del 1992-94. Anche se, come diceva Lenin, quando la storia si ripete, la tragedia si trasforma in farsa. Come allora, vedono il protagonismo di una magistratura politicizzata (sempre la stessa e sempre con Di Pietro come paladino); assistono al circo “mediatico giudiziario” (il giornalista più visibile è ancora Santoro), all’uso “border line” con la legalità degli strumenti di indagine, a un enorme dispiegamento di mezzi finalizzato a raggiungere l’obbiettivo prefissato. Anche i vescovi se ne sono accorti. Lo avessero fatto nel 1993! Parlano adesso, ma tacevano quando la farsa di oggi era, appunto, tragedia e gli innocenti si suicidavano in carcere, dove venivano rinchiusi allo scopo di estorcere la confessione.
Nell’immaginario collettivo, c’è la percezione (che la destra lavora a rafforzare) di uno scontro esclusivamente a due, dove da una parte sta Berlusconi, dall’altra non un centro sinistra confuso, bensì la procura di Milano, che come nel 1992-93, assume il ruolo politico e mediatico di guida.
Tutto questo non piace a quegli elettori che per reazione a Mani Pulite già una volta hanno fatto vincere Berlusconi. Non piace ai molti che da una parte vedono un presidente del Consiglio screditato e penoso; dall’altra, una magistratura che fa loro non pena ma paura. E che per questo continuano a preferire Berlusconi come il male minore. L’handicap per il centro sinistra è aggravato dal fatto che i “neo giustizialisti”, mentre ritrovano nella Procura di Milano la loro guida, non cessano di offendere gli ex elettori socialisti e democristiani (in “non faciendo” e “in faciendo”): non recuperando la cultura socialista e democristiana in nome dell’inconcludente “nuovismo” del PD; riproponendo, come nella emblematica manifestazione di Lissone, gli insulti e le sceneggiate di vent’anni fa contro i leader simbolo, come Craxi, di questa cultura.
In tal modo, si assiste a una polarizzazione devastante, dove i due poli estremi si sostengono a vicenda. Da una parte, il fronte degli “impuniti” legittima, con la sua impermeabilità al senso del limite e del decoro, il fronte della procura di Milano. Dall’altra, questo fronte (più perché evoca il dipietrismo che per i comportamenti attuali) spaventa una parte degli elettori i quali vengono così spinti a difendere in pratica l’impunità stessa. Le posizioni intermedie sono sovrastate dallo schiamazzo assordante delle due fazioni in rissa, ma non per questo scompaiono. Anzi, silenziosamente aumentano i cittadini che le condividono, sino a poter diventare una maggioranza per il momento silenziosa, appunto, ma non per sempre:silenziosa soltanto sino a quando qualcuno non la guiderà e non le darà voce. Sempre di più,gli italiani, disgustati, non vogliono ascoltare le bocche spalancate nell’invettiva: né quelle dell’una, né quelle dell’altra fazione. Sempre di più hanno un sogno: veder sparire finalmente il giustizialismo e il populismo di destra (da vent’anni figli l’uno dell’altro), veder tornare la politica e i partiti di stile europeo al posto delle urla, della personalizzazione e dei demagoghi di stile sudamericano. Tra i leader politici, forse Casini è quello che più percepisce questo stato d’animo e si appresta a intercettarlo.
In una minoranza consapevole e sofisticata, si affaccia infine ormai anche un’altra considerazione. Tale è il disastro provocato da quasi vent’anni di anti politica che, senza una adeguata preparazione, la scomparsa di Berlusconi rischia di aggravare, non di risolvere la crisi italiana. Lo spiegava una fonte non sospetta di Berlusconismo: Ilvio Diamanti su La Repubblica. A Nord,dilagherà la Lega. Il PD rischierà di trasformarsi, a mio parere, in una “Lega del centro”, guidata da amministratori (vedi Renzi) che ripetono in sostanza la retorica populista, anti politica e localista inventata in Padania. Il Sud (hic sunt leones) sarà terra di conquista per le bande clientelari. Non più frenate neppure da una sembianza di partiti organizzati, magari alimentate da una “retorica sudista” contrapposta a quella leghista.
Il centro sinistra ha flirtato con la Lega e con un “federalismo” di cui tutti si riempiono la bocca senza sapere in realtà quali effetti pratici possa avere. Se si continua così, il risultato finale è facilmente prevedibile. Più o meno lenta disgregazione dello Stato.”
Amministratori di condominio” e “amministratori termiti” a livello locale, che accompagneranno pochezza a presunzione, provincialismo a demagogia, potere illimitato a limitatezza di orizzonti, che moltiplicheranno il debito pubblico complessivo e aumenteranno le imposte o apertamente o surrettiziamente (gonfiando le tariffe dei servizi). Governi centrali senza più né i mezzi, né la “vision” per grandi progetti e investimenti infrastrutturali che arrestino il declino del Paese.
UGO INTINI

giovedì 3 febbraio 2011

I LAVORI DELLA DIREZIONE DEL PSI.


UNA MODERNA AREA DI ISPIRAZIONE LAICA, DEMOCRATICA E SOCIALISTA


Riccardo Nencini aprendo questa mattina i lavori della direzione ha espresso la fraterna solidarietà del partito a Luca Cefisi che, a seguito della pubblicazione del libro “Bambini ladri”, è stato fatto oggetto da un sito web neonazista, già noto per episodi di intolleranza razzista, di gravi insulti e pesanti minacce.
Nel corso del dibattito apertosi dopo la relazione del segretario sono intervenuti i compagni Labellarte, Sollazzo,Clarizia, Craxi, Carugno, Del Bue, Benzoni, benaglia, Andreini, Bartolomei, Borgoglio, Biscardini, Di Gioia.
Al termine dei lavori la Direzione ha approvato a larghissima maggioranza (2 astenuti) il seguente documento politico:





La fase di grande difficoltà e la straordinaria debolezza dell'attuale maggioranza, confermata ulteriormente dal voto odierno della bicamerale sul federalismo, l' incertezza di prospettive nelle quali si dibatte la politica italiana richiede un grande sforzo unitario di presenza e di mobilitazione del Partito Socialista lungo le linee definite nell’assise congressuale di Perugia.



Si rende necessario in particolare intensificare l’azione mirante alla costruzione di un ampio schieramento riformatore che possa credibilmente candidarsi alla guida del Paese, per aprire una fase nuova e superare l’attuale centro destra.


Nella primavera prossima sono chiamate al voto importanti città e numerose province, una prova elettorale significativa sia per misurare l’opinione degli italiani su governo e opposizione, nel Paese e nelle singole realtà locali, che per costruire, partendo anche dai municipi e dalle province, progetti di alleanza riformista destinati in futuro a competere nella guida dell’Italia.


I Socialisti parteciperanno al turno elettorale amministrativo in coalizioni di centro sinistra di cui favoriranno la composizione riformista ed il legame con programmi innovativi per il governo di città e territori, sulla base degli orientamenti emersi nella recente Conferenza Programmatica tenutasi a Rimini. Per rendere più credibile questo percorso, vanno promosse intese locali anche con i partiti di centro.


Entro il mese di marzo, soprattutto nelle grandi città, organizzeremo “primarie delle idee” mentre continuiamo a ritenere le primarie per scegliere le candidature ai vertici delle amministrazioni utilizzabili solo dove vi sia certezza della coalizione e condivisione di un percorso politico-istituzionale.


Le “primarie” intese quali resa dei conti non possono avere diritto di cittadinanza. Anche le recenti esperienze, tra cui in particolare quella di Napoli, confermano che lo strumento così com’è si presta ad abusi di vario tipo, tra i quali è molto insidioso quello di dare alla coalizione avversaria la possibilità di scegliersi il competitore più gradito.


Il PSI si presenterà alle elezioni amministrative con il proprio simbolo e al contempo promuoverà la costituzione di alleanze laico-socialiste con radicali, ambientalisti, federalisti liberali, repubblicani e altri soggetti civici di centrosinistra, al fine di rendere più forte nel paese una moderna area di ispirazione laica, democratica e socialista.


A questo fine dovranno essere incoraggiate ed approfondite tutte le iniziative volte a rafforzare le intese centrali e locali con queste forze partendo dalla comune sensibilità sui temi della difesa della libertà di tutti, della laicità dello stato, della difesa delle istituzioni, della sobrietà e trasparenza dell’azione amministrativa, della battaglia per la legalità e per la tutela dell’ambiente.


La direzione nazionale approva la proposta della segreteria di impegnare dal prossimo mese il partito nella raccolta delle sottoscrizioni a sostegno della richiesta di regerendum abrogativo della legge elettorale 270/05, dando mandato alla segreteria di predisporre il quesito finalizzandolo, per quanto possibile, a un sistema proporzionale e tale da consentire con maggior forza ai cittadini di scegliere i propri parlamentari.